domenica 28 settembre 2014

John Keats, to Autumn 

Qualche settimana fa ho postato due poesie giapponesi dedicate all'autunno. Oggi vorrei ricordare l'ode all'autunno dell'amatissimo Keats. Vi trascrivo il testo originale e la traduzione italiana di Silvano Sabbadini.




Season of mists and mellow fruitfulness
close bosom-friend of the maturing sun
conspiring with him how to load and bless
with fruit the vines that round the thatch-eaves run;
to bend with apples the moss'd cottage trees,
and fill all fruit with ripeness to the core;
to swell the gourd, and plump the hazel shells
with a sweet kernel; to set budding more,
and still more, later flowers for the bees,
until they think warm days will never cease,
for summer has o'er-brimm'd their clammy cells.

Who hath not seen thee oft amid thy store?
Sometimes whoever seeks abroad may find 
thee sitting careless on a granary floor,
Thy hair soft-lifted by the winnowing wind;
or on a half-reap'd furrow sound asleep,
drows'd with the fume of poppies, while thy hook
spares the next swath and all its twined flowers:
and sometimes like a gleaner thou dost keep
steady thy laden head across a brook;
or by a cider-press, with patient look,
thou watchest the last oozings hours by hours.

Where are the songs of Spring? Ay, where are they?
Think not of them, thou hast thy music too,-
While barred clouds bloom the soft-dying day,
and touch the stubble-plains with rosy hue;
then in a wailful choir the small gnats mourn
among the river sallows, borne aloft
or sinking as the light wind lives or dies;
and full-grown lambs loud bleat from hilly bourn;
hedge-crickets sing; and now with treble soft 
the red-breast whistles from a garden-croft;
and gathering swallows twitter in the skies.


All'Autunno

Stagione di nebbie e morbida abbondanza,
tu, intima amica del sole al suo culmine,
che con lui cospiri per far grevi e benedette d'uva,
le viti appese alle gronde di paglia dei tetti,
tu che fai piegare sotto le mele gli alberi muscosi del casolare,
e colmi di maturità fino al torsolo ogni frutto;
tu che gonfi la zucca e arrotondi con un dolce seme
i gusci di nocciola e ancora fai sbocciare 
fiori tardivi per le api, illudendole 
che i giorni del caldo non finiranno mai
perché l'estate ha colmato le loro celle viscose:

Chi non ti ha mai vista, immersa nella tua ricchezza?
Può trovarti, a volte, chi ti cerca,
seduta senza pensieri sull'aia
coi capelli sollevati dal vaglio del vento,
o sprofondata nel sonno in un solco solo in parte mietuto,
intontita dalle esalazioni dei papaveri, mentre il tuo falcetto
risparmia il fascio vicino coi suoi fiori intrecciati.
A volte, come una spigolatrice, tieni ferma
la testa sotto un pesante fardello attraversando un torrente;
O, vicina a un torchio da sidro, con uno sguardo paziente,
sorvegli per ore lo stillicidio delle ultime gocce.

E i canti di primavera? Dove sono?
Non pensarci, tu, che una tua musica ce l'hai - 
Nubi striate fioriscono il giorno che dolcemente muore,
e toccano con rosea tinta le pianure di stoppia:
allora i moscerini in coro lamentoso, in alto sollevati
dal vento lieve, o giù lasciati cadere,
piangono tra i salici del fiume, 
e agnelli già adulti belano forte dal baluardo dei colli,
le cavallette cantano, e con dolci acuti
il pettirosso zufola dal chiuso del suo giardino:
si raccolgono le rondini, trillano nei cieli.


E a proposito di autunno e di Keats, non è forse questo il periodo ideale per andare a fargli una visita?

Tomba di John Keats, cimitero acattolico di Roma, Piramide


Dedicato alla mia cara amica (e fine poetessa) Maria Luigia Troiano







martedì 16 settembre 2014

La postazione di lavoro perfetta per il traduttore

Questa mattina curiosando su Bloc-Notes, il blog della rivista Tradurre, ho trovato un sondaggio sull'ergonomia della postazione di lavoro. Ecco il link al questionario in italiano:

Sondaggio sull'ergonomia della postazione di lavoro del traduttore

Ho risposto alle domande un po' per curiosità, un po' per una specie di senso del dovere del traduttore verso tutto ciò che riguarda la propria professione, ma poi, man mano che procedevo nel questionario, mi sono messa a pensare (e a immaginare).

Oltre ad informarsi sulla presenza di sedie regolabili, monitor adeguati, scrivanie abbastanza larghe, ecc. le domande riguardavano l'ambiente circostante nel suo complesso. C'è una finestra e, dunque, possibilità di avere aria fresca nella stanza? Si sentono rumori da fuori? I colleghi, i vicini, gli amici ti disturbano durante il lavoro? 

Allora mi sono chiesta, quale sarebbe la mia postazione ideale per tradurre? Una finestra ce l'ho, ho anche un balcone, ma cosa mi piacerebbe vedere fuori? Che suoni vorrei entrassero in stanza? Che profumi?

Mi è subito venuto in mente il blog La stanza del traduttore, dove i traduttori descrivono il luogo, la stanza, in cui lavorano abitualmente. Le stanze che amo di più sono quelle che parlano di mare e campagna, sarà perché al momento vivo in città? L'erba del vicino è sempre più verde (e più profumata)? Chi lo sa! Però ho provato a raccogliere informazioni dentro di me e a creare la mia stanza immaginaria, quella in cui spero di poter tradurre fra qualche anno.

Vorrei avere sempre fiori di campo sul davanzale della finestra


Hampshire, Chawton, Jane Austen's house museum, estate 2014

Mi piacerebbe ci fosse un camino


Jill Barklem, Brambly Hedge

Dovrei poter raggiungere il mare a piedi




Fuori dalla finestra voglio vedere esplodere l'autunno








Jill Barklem, Brambly Hedge

D'inverno, la neve




Potrebbe essere così vista da fuori


Hampshire, Chawton, estate 2014

La mia futura scrivania 


San Girolamo nello studio, Domenico Ghirlandaio

Ma per ora mi accontento di fare decorazioni autunnali (da un'idea di Susan Branch) e appenderle alla finestra di fronte alla postazione di lavoro! 




Chi si accontenta gode, pensiamola così, va'!






domenica 14 settembre 2014

Ma, io, preferisco i monti d’autunno!

Gli amanti dell’estate me ne vorranno, ma io aspetto l’autunno con tutto il cuore perché per me è la stagione più bella per tradurre. 




Forse è per questo che stamattina mi sono svegliata col ricordo della celebre composizione sull’autunno attribuita alla principessa Nukata 額田 (Man’yōshū, 16):

冬ごもり 春さり来れば 鳴かざりし 鳥も来鳴きぬ 咲かざりし 花も咲けれど 山を茂み 入りても取らず 草深み 取りても見ず 秋山の 木の葉を見ては 黄葉をば 取りてそしのふ 青きをば 置きてそ歎く そこし恨めし 秋山われは
巻一(十六)

Fuyugomori / haru sarikureba / nakazarishi / tori mo kinakinu / sakazarishi / hana mo sakeredo / yama o shimi / irite mo torazu / kusa fukami / torite mo mizu / akiyama no / konoha o mite wa / momichi oba / torite so shinou/ aoki oba / okite so nageku / soko shi urameshi / akiyama so are wa

Quando arriva la primavera,
non più prigioniera dell’inverno,
gli uccelli che non cantavano
tornano a cantare,
i fiori che non sbocciavano
sbocciano, ma
i monti sono così folti
che se ci si inoltra non riusciamo a cogliere i fiori,
l’erba è così alta e invadente
che se li cogliamo non riusciamo a vederli bene.
Ma quando guardiamo le foglie
dei monti in autunno,
raccogliendo quelle gialle
le apprezziamo,
lasciando sui rami quelle verdi
sospiriamo.
Avrei da ridire solo su quest’ultima cosa, 
ma, io, preferisco i monti in autunno!

(Traduzione di Pierantonio Zanotti, in Introduzione alla storia della poesia giapponese. Dalle origini all’Ottocento, Venezia, Marsilio, 2012)


Kawase Hasui (1883 - 1957), Tardo Autunno, Ichikawa, 1930


Penserete che in fondo è un po’ presto, le foglie non sono ancora ingiallite e i frutti dell’autunno non ancora maturi, ma è una sensazione (o forse una speranza?), l’autunno è vicino.

秋きぬとめにはさやかに見えねども風のをとにぞおどろかれぬる

Aki kinu to
me ni wa sayaka ni
mienedomo
kaze no oto ni zo
odorokarenuru

Non vedo ancora
i chiari segni
che sia venuto l’autunno,
ma il fruscio del vento
mi sorprende

Fujiwara no Toshiyuki, Kokin waka shū. Raccolta di poesie giapponesi antiche e moderne, Milano, Ariele, 2000. Libro 4, 169. Traduzione di Ikuko Sagiyama.


Kawase Hasui (1883 - 1957), Tempio Nanzen in autunno